Maria Micozzi

Sito ufficiale dell'artista
relazioni-e-punteggiatura-151x1141

Donato Di Poce

COMPLEX ART:

Le Sinestesie materiche e poetiche di Maria Micozzi
Donato Di Poce
“Artista è soltanto chi sa fare della soluzione un enigma”.
Kraus, Karl Detti e contraddetti, Adelphi, 1992, p. 290.
C’è un aforisma di Karl Krauss: “Artista è soltanto chi sa fare della soluzione un enigma”. (Kraus, Karl Detti e contraddetti, Adelphi, 1992, p. 290.) che esprime a mio avviso molto bene il concetto della complessità dell’Arte. Anche se la maggior parte di noi ha una mente binaria, dualistica, “semplice”, “lineare”, siamo attratti in realtà dalla complessità (da non confondere con il termine difficoltà), perché in realtà l’uomo è complesso, la nostra mente è complessa, agisce a più livelli, consci e inconsci, consapevoli e inconsapevoli, coscienti o no, siamo il risultato di contaminazioni, stratificazioni, accumulazioni, sintesi…
Maria Micozzi, (vi riporto una sua dichiarazione: “sono da sempre affascinata dalla ‘complessità’ e questo amore in una cultura appiattita sulla ‘linerità’ è la mia ferita profonda…”) , lavora da anni con e sul concetto della complessità, ne è oltre che esegeta, teorica e affascinante divulgatrice. “Complesso è qualcosa che presenta un’organica interezza nella più vasta rete di relazioni tra differenze” qualcosa che la cultura lineare rende difficile da capire in tutti i risvolti e tutte le variabili; la nostra Artista ama comprendere le relazioni , gli scarti, le tracce le agglomerazioni di pensieri e segni. Caratteristica principale della complessità è la non linearità come sistema…dote difficile da apprezzare in un mondo omologato che ci vuole tutti soldatini ubbidienti e consumatori seriali. Maria invece ama gli spiriti liberi, pensanti e creativi ed a loro rivolge le sue mappe esistenziali, le sue grate alchemiche, i suoi sogni estetici imprevedibili, nuovi e nascosti. La Poesia è complessa, l’Arte è complessa, la Vita, è complessa e questo Maria Micozzi lo sa bene.
Altra caratteristica importante della complessità è la contaminazione, “ intesa nel senso di relazione tra differenze. E’ dalla relazione che si crea una realtà di metalivello, distinta e diversa dagli elementi iniziali”: la tecnica, stilistica e poetica che Maria Micozzi utilizza superbamente e con grande effetto. E a ben vedere il suo lavoro è tutto un susseguirsi, di metafore, sinestesie e paradossi, materici e poetici, che, producono effetti surreali, metafisici, erotici, complessi, in quanto non solo mette insieme materiali e tecniche diverse (legno, grate, carte, disegno, pittura, scultura), ma riesce a unire e far dialogare figurativo e astratto, manierismo ed espressionismo, materico e concettuale, in una sintesi magistrale e rara tra gli artisti d’oggi, quasi sempre monotematici, produttori e replicanti in serie di lavori imposti dal mercato, egotici e ciechi, promotori solo di se stessi e della propria mediocrità spacciata per specializzazione e genialità incompresa.
Oltre questo senso della ….contaminazione e…. sperimentazione(valorizzato anche dall’uso frequente del collage e della pittoscultura, sedie, paraventi e libri d’artista), a uno sguardo d’insieme dei suoi lavori, colpiscono soprattutto altri 4 elementi: L’utilizzo di supporti inusuali come legno e grate metalliche; l’uso elegante e sapiente, ermeneutico e simbolico, della parola insieme alle immagini, ma ben oltre l’effetto pittorico della poesia visiva; La seduzione dei corpi femminili a-cefali ( di un’opulenza elegante e manieristica ma che tocca corde metafisiche); l’utilizzo materico e concettuale della ferita e della sutura, con spago o fili di ferro(metafora anche di un cordone ombelicale con la vita) utilizzati per ricucire lacerazioni, ferite e strappi, materici e psicologici, una sorta di cura esistenziale dell’anima del mondo, che diventa un medicamento estetico salvavita ( e qui vengono fuori le lezioni di Burri e Fontana ) ed e la cultura e conoscenza delle Avanguardie del ‘900.
Maria Micozzi è riuscita nella sua ricerca solitaria e altera a creare uno sgretolamento dell’IO e una oggettualizzazione cosmica, una danza dei saperi e dell’essere, una cosmogonia ipnotica e ospitale, un abbraccio clandestino tra le separazioni e le intolleranze di mondi e culture che agitano e sgretolano la nostra civiltà.
Maria Micozzi, ama (ricambiata) la poesia e i poeti(in primis Leopardi, a cui ha dedicato una splendida mostra “La disperatissima sete”, a Recanati, nel 1998 con accompagnamento di 8 pieces narranti di rara consapevolezza e conoscenza dell’opera Leopardiana, da lei definito con pertinenza e sensibilità, “L’uomo nuovo dei sistemi complessi”. Per intenderci Maria Micozzi si rivela una profonda conoscitrice e studiosa non solo dei testi poetici di Leopardi ma di sue opere meno popolari, come le Operette Morali e soprattutto lo Zibaldone( e non a caso, visto la sua novità nel panorama culturale dell’epoca essendo un’opera rivoluzionaria e intensa, un taccuino poetico, filosofico, teorico, un canovaccio estetico-esistenziale complesso, che non poteva non affascinare la nostra Artista della complessità).
L’Arte di Maria Micozzi è seducente e ‘La seduzione -ossessione e paura nei Trattati degli Inquisitori’ è il titolo e il tema di un’altra mostra del 1997, tenuta presso la Rocca Malatestiana di Montefiore (RN). Anche qui la nostra Artista mette a segno un capolavoro espositivo, utilizzando e sfruttando al meglio le geometrie architettoniche della Rocca, allestendo 4 diversi tipi di stanze: due stanze delle Carte, due stanze dei Panni, tre stanze dei Ferri, tre stanze dei Legni e la stanza della Sintes.i
La Seduzione provoca uno spostamento affettivo, un’ identificazione psicologica, una fascinazione estetico emozionale che destabilizza la società dei Poteri, che crea dipendenze religiose, calcistiche e televisive, che tende a creare e perpetrare uomini dissociati dalle proprie pulsioni erotico-estetiche. La Seduzione, come apertura alla felicità del mondo, diventa un antidoto all’intolleranza, all’anestetizzazione dei sensi e delle capacità logiche-cognitive, e alla mancanza di incantamento della nostra società, ma è anche “una forza che può facilmente ridursi a potere di chiusura, di manipolazione e controllo: la dannazione al tempo dell’Inquisizione e l’oppio mereceologico , oggi”.
La Micozzi, ci svela tutto questo non solo nei suoi lavori(esemplari: “Streghe”, una crocefissione femminile antesignana di facili scandali artistici contemporanei; “ Sedia inquisitoria e inquisitori”, “ La vergine di Norimberga”, L’Angelo dormiente”, e in uno scritto teorico di grande e intatto spessore e lucidità, dal titolo UNA TEORIA, dove tra l’altro ci ricorda: “…La paura del femminino è la paura del dis-ordine e la storia di questa paura sarebbe una storia molto interessante da scrivere…”, o un altro passo dove dice: “ …La vittima del desiderio, diventa il divoratore dell’oggetto desiderato. Se la caccia alle streghe è il simbolo estremo di ogni forma di intolleranza, il Malleus Maleficarum, è la lucida formulazione di ogni sistema che ha nell’intolleranza, la propria strategia di vita.…”.
A Maria Micozzi, non sono mancati importanti mostre personali e Antologiche, riconoscimenti critici e di pubblico Nazionali e Internazionali ( cito per tutti Pierre Restany , Federico Zeri, Rossana Bossaglia, Floriano De Santi), ne’ chi abbia messo in luce varie sue caratteristiche come “epistemologia metaforica” V. Zocca; “l’apoteosi dell’anamnesi” C. Benincasa; “mix a tre livelli, tattilità, percezione, pensiero” R. Barletta; “il senso della complessità” P.L. Senna e F. De Bartolomeis, “labirinti stimolanti di simboli e delle allucinazioni” F. Passoni, eppure quest’artista che opera nel mondo dell’Arte a livelli notevoli da decenni, meritava e merita qualcosa di più come la partecipazione a Biennali d’Arte, l’Interessamento di importanti Gallerie e Mercanti d’Arte Internazionali, l’attenzione e il focus sul suo lavoro di importanti Riviste d’Arte.
Maria Micozzi non ha mai voluto far parte di scuderie e di Associazioni, non ha mai aderito alle passeggere mode della Avanguardie movimentiste che, a dire il vero, presa da altri interessi teorici e autodidatta in arte, non ha frequentato; non ha mai chiesto favori e raccomandazioni ai critici del momento, è sempre rimasta una Clandestina nel cuore del sistema. Evidentemente il suo sperimentalismo solitario ed originale, la sua coscienza artistica ed estetica non piacciono al mercato, il suo spirito libero e di rivolta, il suo grido d’amore all’umanità, le sue reverie, la sua rappresentazione dell’utopia, sono ostici, ma come ha scritto lei in un testo poetico del 1999:” Negli occhi di alcuni vecchi c’è chi vede l’orizzonte”.
Ma dico io, come si fa a non vedere che la sua arte ama la molteplicità, la simultaneità, è un Metalinguaggio “ di questo respiro compresso e così impastato di vita”, che la sua opera è una continua incessante domanda e offerta d’amore e di vita, che le sue opere sono delle tavolozze di Reverie, che con il suo lavoro fonda una nuova estetica del frammento, che la presenza così costante di Tracce e intuizioni fondano una poetica dell’intimità e di vera, profonda relazione con il mondo, che il suo drenaggio esistenziale alimenta gli orizzonti estetici di tutti noi, che ha fatto della relazione, il suo linguaggio fondante e la sua matrice onirica e comunicazionale?
Per concludere vorrei richiamare ed evidenziare il senso delle sue figure femminili a-cefale. Intanto con questo suo fare sottolinea la potenza e la potenzialità creatrice di vita del genus femminile, condizione per secoli repressa e tenuta sotto controllo, e lo fa enfatizzando proprio la potenza e intelligenza del corpo.”il corpo del femminino è la metafora stessa della complessità vitale L’assenza della testa richiama il rifiuto di una cultura dicotomica, e un desiderio di liberazione e indipendenza da ogni tipo di controllo psicologico, esercitato da un vertice sul diverso diventato oggetto. Nel nostro inconscio, patriarcale, lineare la TESTA=pensiero, mente, dissociata dal corpo.
La nostra artista, invece crede in un tutt’uno inscindibile dal corpo, e negandone la rappresentazione ne enfatizza gli aspetti simbolici e molteplici di complementarietà con l’uomo e con il mondo, con le piccole cose quotidiane e con i valori eterni e assoluti, rimarcando una dimensione etica del suo lavoro sfuggita a molti. Da ricordare che Maria Micozzi è sempre stata presente e propositiva a ogni manifestazione, evento, ricorrenza, mostre personali e collettive per, e sulla condizione della donna. Il suo lavoro artistico valorizza proprio la capacità di seduzione, il potere e il fascino che emana il corpo della Donna senza facili estetismi e subdoli erotismi.
I suoi corpi Michelangioleschi e opulenti, manieristici e metafisici insieme, vanno oltre la nudità didascalica di Carracci e Rubens. I Suoi corpi hanno un’anima, sempre, comunicano lacerazioni, soprusi, conflitti, ingiustizie, potenza. Al posto della testa spesso c’è una testa di un uccello, forse proprio a simboleggiare la purezza dello sguardo, la vastità di visione e il desiderio di volare verso nuovi orizzonti relazionali ed estetici.
Per nostra fortuna, Maria Micozzi, continua a inseguire imperterrita il suo talento tridimensionale e polimaterico, la sua linea della Bellezza, a comunicarci il suo percorso complesso e vitale, la sua alterità, le sue sinestesie estetiche, i suoi codici e i suoi segni, ben sapendo che come ha scritto in una nota “l’alterità conferisce il segno e ci diventa specchio” e che l’anima ha una forma che lei scopre e ama svelarci attraverso differenze, paradossi, metalivelli.
Milano, 14/07/2010

Lascia un commento